Impressionist Camera
La fotografia pittorica, anche nota come pittorialismo, è stata un movimento artistico di scala internazionale affermatosi nei trent’anni a cavallo della fine del XIX secolo.
Il volume “Impressionist Camera – Pictorial Photography in Europe 1888-1918” è il catalogo della mostra sulla fotografia pittorica tenutasi nel 2006 al Saint Louis Art Museum e allestita in collaborazione con il Musée de Beaux-Arts di Rennes. Nelle sue 344 pagine fornisce una panoramica completa delle varie declinazioni con cui il pittorialismo si espresse nei diversi paesi europei, fino ad estendersi e a svilupparsi ulteriormente in America. Non è una monografia, ma una raccolta di articoli scritti da studiosi e storici della fotografia e accompagnati da numerose immagini di ottima qualità.
Per comprendere l’origine del pittorialismo occorre considerare che, a partire dal 1880, numerose innovazioni tecniche avevano reso la fotografia accessibile ad un pubblico sempre più ampio. Grazie all’introduzione della lastra asciutta (dry plate) non erano più necessarie le complesse operazioni di sensibilizzazione delle lastre (wet plate), da eseguire in camera oscura. Inoltre, la nascita della pellicola in celluloide e il lancio sul mercato della fotocamera Kodak (1900) avevano semplificato ulteriormente la pratica della fotografia, riducendone notevolmente i costi e ampliando le schiere di appassionati. Era nata la fotografia amatoriale.
Il pittorialismo si affermò proprio in tale contesto, come reazione alla quantità di immagini di natura prevalentemente documentale che venivano prodotte dai tantissimi fotografi dilettanti.
I pittorialisti consideravano la fotografia non solo uno strumento per documentare la realtà, ma anche un nuovo mezzo espressivo attraverso cui interpretarla. Volevano che la fotografia fosse riconosciuta come un arte, al pari delle arti grafiche, e tale motivo li spingeva ad imitare attraverso il mezzo fotografico le opere dell’arte pittorica.
Va detto però che l’ambizione ad elevare la fotografia a mezzo di espressione artistica non era certamente nata con il movimento pittorialista. Già trent’anni prima altri fotografi realizzavano opere allegoriche facendo uso della cosiddetta stampa combinata, basata cioè sulla sovrapposizione di diversi negativi. Inizialmente usata in ambito paesaggistico per riuscire a riprodurre l’ampia dinamica tonale delle scene, raggiunse il massimo della sua espressione con Oscar Gustave Rejlander (1813-1875) e Henry Peach Robinson (1830-1901). Le loro immagini erano frutto di un’accurata preparazione, che richiedeva un disegno preliminare e numerose riprese che venivano poi ricombinate, attraverso un paziente lavoro di sovrapposizione dei negativi. Produrre l’immagine finale poteva richiedere settimane o mesi.
Henry Peach Robinson pubblicò anche numerosi scritti, tra cui il saggio Pictorial Effects in Photography1 (1869), divenendo il punto di riferimento dell’allora nascente “fotografia artistica”, oltre che del successivo movimento pittorialista, che tuttavia non adottò né la tecnica della fotografia composita, né l’approccio decisamente accademico di tali precursori.
Non ci fu un evento che segnò in modo inequivocabile la nascita del pittorialismo, ne’ fu mai pubblicato un manifesto che ne definisse intenzioni e princìpi. Il movimento emerse in modo spontaneo all’interno di circoli e associazioni fotografiche amatoriali di diversi paesi europei, con caratteristiche e stili decisamente eterogenei.
Uno degli accorgimenti adottati dai pittorialisti fu la messa a fuoco volutamente imprecisa, tale da dare un aspetto vagamente poetico alle immagini. Tale pratica veniva spesso accompagnata da metodi di stampa che consentivano la manipolazione dell’immagine finale, come è ben evidente nelle fotografie di Robert Demachy (1859-1936) e di Constant Puyo (1857-1933).
Altri pittorialisti preferivano un approccio più diretto, senza manipolazioni, concentrandosi sulla composizione dell’immagine e applicando una sfocatura appena percettibile, anche mediante l’utilizzo di apposite lenti dalla resa “morbida”. Tra questi, gli inglesi Frederick Henry Evans (1853-1943) e Peter Henry Emerson (1856-1936), autore quest’ultimo del testo Naturalistic photography for students of the art2 (1889), il tedesco Baron Adolph de Meyer (1868-1946), l’italiano Guido Rey (1861-1935), solo per citarne alcuni.
L’inglese George Davison (1854-1930), membro fondatore assieme a Henry Peach Robinson del gruppo secessionista Linked Ring Brotherhood staccatosi nel 1892 dalla Photographic Society, utilizzava addirittura la camera stenopeica (pinhole camera), ossia una fotocamera con un sottile foro al posto dell’obiettivo, per ottenere un effetto leggermente sfocato.
L’evento che segnò la nascita del pittorialismo fu probabilmente la mostra che il Klub der Amateur-Photographer (poi divenuto Wiener Kamera Club) organizzò a Vienna nel 1891, scegliendo come membri della giuria esclusivamente pittori e scultori, in modo da selezionare le immagini sulla base del loro valore artistico. La mostra ebbe un enorme successo, agendo da catalizzatore per la nascita di nuovi club e riviste, sia in Austria che altrove in Europa, tra cui la già citata Linked Ring Brotherhood.
Sebbene gli Stati Uniti avessero creato, attraverso le numerose innovazioni tecnologiche, le condizioni che fecero nascere la fotografia amatoriale e, da questa, il pittorialismo, tale movimento non si sviluppò autonomamente in America ma fu “importato” dall’Europa grazie all’influenza del Circle of Photo Secessionists, di cui facevano parte Gertrude Käsebier (1852-1934), Edward Steichen (1879-1973), Alfred Stieglitz (1864-1946) e Clarence White (1871-1925). Stieglitz gestiva inoltre la galleria ‘291’ a New York sulla 5th Avenue, dove esponeva le opere dei pittorialisti (e dove avrebbe ospitato più avanti le prime mostre americane di Matisse e Picasso). Ma soprattutto pubblicava una rivista, Camera Work, un prodotto editoriale di elevatissima qualità che contribuì non poco alla diffusione del pittorialismo negli Stati Uniti.
Sarebbe eccessivamente lungo riportare tutti i temi che il volume “Impressionist Camera” affronta, dall’influenza della pittura simbolista sulla fotografia all’inizio del ‘900 alle molteplici modalità espressive con cui il pittorialismo si diffuse nei diversi paesi europei, fino alle tecniche utilizzate, in particolare la stampa alla gomma bicromata, di cui Demachy e Puyo divennero dei maestri universalmente riconosciuti, e l’autocromia, brevettata dai fratelli Lumiére nel 1903, che rese possibile realizzare le prime immagini a colori.
In conclusione, “Impressionist Camera” è un’opera importante per conoscere e approfondire un’epoca della storia della fotografia che ci ha lasciato immagini particolarmente belle. Perché, anche se il pittorialismo finì, sopraffatto dalla Straight Photography, le motivazioni estetiche che ne furono alla base hanno stimolato altre tendenze espressive che si sono manifestate nei decenni a venire, fino ai giorni nostri, e nelle cui immagini possiamo ritrovare alcune delle caratteristiche del pittorialismo.
Riferimenti
- https://archive.org/details/pictorialeffecti00robi, Henry Peach Robinson, Pictorial Effects in Photography[↩]
- https://archive.org/details/naturalisticphot00emer/mode/2up, Peter Henry Emerson, Naturalistic photography for students of the art[↩]