Storia della fotografia

I padri della sensitometria

Ferdinand Hurter (1844-1898) e Vero Charles Driffield (1848-1915) sono universalmente considerati i padri della sensitometria, la scienza che studia il comportamento dei materiali sensibili alla luce.

Entrambi scienziati, erano divenuti amici e condividevano la passione per la fotografia. Vivevano però in un’epoca in cui la pratica della fotografia era prevalentemente basata su regole empiriche. Non c’erano esposimetri e l’esposizione era determinata da valutazioni più o meno soggettive. I negativi venivano sviluppati “a vista”, usando una luce di sicurezza, per un tempo sufficiente a far apparire l’immagine.

Vero Charles Driffield (before 1915, Public Domain, from Wikimedia Commons)
Ferdinand Hurtler (ca1880, Domain, from Wikimedia Commons)

Hurter e Driffield non condividevano un tale approccio approssimativo e vollero affrontare la questione con metodo scientifico. Condussero numerosi studi ed esperimenti per determinare in che misura la densità di un negativo fosse legata all’esposizione alla luce e alla durata dello sviluppo. Frutto delle loro ricerche fu l’articolo Photo chemical investigations and a new method of determination of the sensitiveness of photographic plates1), apparso su The Journal of the Society of Chemical Industry nel maggio del 1890, e che inizia con la frase:

The production of a perfect picture by means of photography is an art; 
the production of a technically perfect negative is a science.

Ferdinand Hurter and Vero Charles Driffield

Poiché qualsiasi teoria scientifica si basa su misure di grandezze fisiche, occorreva innanzitutto definire un metodo per misurare la densità di una lastra fotografica, ossia quanta luce fosse in grado di trasmettere per trasparenza (maggiore è la densità, minore è la luce trasmessa). A tale scopo l’articolo descrive un ingegnoso strumento che consentiva di misurare tale densità attraverso un confronto visivo.

Occorreva inoltre un’illuminazione di riferimento, che fu scelta come quella prodotta da una candela standard ad un metro di distanza. In questo modo fu possibile definire un’unità di esposizione standard, denominata candlemeter-second (C.M.S.).

A questo punto, Hurter e Driffield eseguirono numerosi test, impressionando le lastre a diversi livelli di esposizione e procedendo, dopo lo sviluppo delle stesse, alla misurazione delle densità. Questo consentì di determinare in modo rigoroso e ripetibile la relazione tra la quantità di esposizione che viene ricevuta da un negativo e la densità dello stesso. Hurter e Driffield studiarono anche come variava tale relazione in funzione delle diverse formule di sviluppo e delle diverse quantità di sali d’argento depositati sulle lastre fotografiche, anticipando per certi versi il concetto di sensibilità, ossia i moderni ISO.

Lo studio di Hurter e Driffield pose le basi teoriche per la determinazione della curva caratteristica, già ideata alcuni anni prima da James B Spurge2, ma che sarebbe divenuta meglio nota come curva di Hurter–Driffield (o curva D–log H).

Riferimenti

  1. http://www.archive.org/details/memorialvolumeco00hurtiala, The photographic researches of Ferdinand Hurter and Vero C. Driffield – Memorial della Royal Photographic Society of Great Britain, contenente la raccolta delle pubblicazioni di Ferdinand Hurter & Vero C. Driffield (a cura di W.B. Ferguson, 1920[]
  2. https://rps.org/shop-items/mr-driffield-dr-hurter-their-lives-times-in-pictures/, Ronald M Callender, FRPS – Mr Driffield and Dr Hurter, Their lives & times in picture – Un prezioso libretto frutto della meticolosa ricerca condotta da Ronal M Challender FRPS sulla vita e il lavoro di Ferdinand Hurter & Vero C. Driffield. Pubblicato dalla Royal Photographic Society e acquistabile online[]